La riduzione del danno negli ani ’50 e ’60 del novecento

Per una cosa semplice come una sigaretta, nulla di più di un bastoncino di una foglia di tabacco stagionata, triturata, aromatizzata e incartata, ideare un filtro per ridurre l’assunzione del sottoprodotto della sua combustione è stata una sfida tecnologica ricca di sorprese.1 Richard Kluger

Questo articolo aiuta a chiarire come e perché sono stati creati i filtri per sigarette in plastica sintetica che ora inondano il nostro ambiente, le speranze suscitate dalla ricerca sulla filtrazione e la non ingenua attività di marketing che accompagnò quegli sforzi.

Gli inizi: la fiducia nella possibilità di purificare il fumo con la filtrazione

È stato ben documentato che le aziende produttrici di sigarette hanno risposto alla “paura del cancro ai polmoni” dei primi anni ’50 investendo pesantemente nella progettazione e nella commercializzazione di sigarette che avessero un filtro a un’estremità.2
Per quanto riguarda i consumatori di sigarette, la presenza, a un capo della sigaretta, di ciò che l’industria chiamava “filtro” implicava il convincimento della riduzione delle componenti tossiche del fumo che entravano nell’organismo. “La sola parola “filtro”, disse il deputato John Blatnik nel 1957,” porta con sé (per i fumatori)  importanti significati già acquisiti e consolidati nel passato “34.
Negli anni ’50 le aziende produttrici di sigarette non dovevano fare fatica per stabilire il mito dell’efficacia del filtro per sigarette. La fede nella filtrazione era già diffusa nel pubblico e ciò rese disponibile una finestra di tempo in cui poter condurre ricerche approfondite nel tentativo di sviluppare un filtro per sigarette che rispondesse efficacemente alla fiducia del pubblico. Alcuni scienziati dell’industria del tabacco avevano previsto le difficoltà del compito e, a partire dal 1954, gli operatori del settore avevano iniziato a trattare questo tema come il “problema del filtro”.56
Dal punto di vista dell’industria, molti operatori scommettevano sulla possibilità di ridurre il rischio del fumo con i filtri, ma la complessità tecnologica del “problema del filtro” delle sigarette frustrava i loro tentativi. Ciò che, apparentemente, era stato per un certo tempo un genuino sforzo per eliminare la presenza di alcune delle sostanze più pericolose nel fumo che veniva inalato, si trasformò progressivamente in una serie di tentativi per manipolare il modo in cui i fumatori consumavano il tabacco.
Anche se la gente oggi sarebbe disposta ad ammettere che l’idea stessa di un “fumo pulito” o un “fumo innocuo” è un paradosso, ben pochi negli anni ’50 avrebbero creduto impossibile ridurre, mettendo un filtro alle sigarette, i rischi per la salute del fumatore.
Era interesse dell’industria del tabacco lasciare che il pubblico pensasse che la scienza della filtrazione del fumo di sigaretta fosse semplice. E, a parte poche eccezioni, vi fu una generale mancanza di quel senso critico che avrebbe potuto aiutare a contrastare l’ignoranza del pubblico che perdurò per tutti gli anni ’50 e gli iniziali anni ’60.
In effetti, le principali aziende produttrici cercarono di applicare con determinazione alle sigarette le più recenti conoscenze scientifiche e tecnologiche sui filtri tecnici che avrebbero potuto rendere le sigarette meno pericolose. Tuttavia, nonostante la collaborazione di centri di ricerca indipendenti e dei giganti americani della chimica delle fibre sintetiche, tra cui Dow, DuPont, Eastman Kodak e Celanese, la scienza fondamentale del design delle sigarette non riusciva a produrre ciò che il pubblico voleva: una sigaretta sicura. Mentre gli scienziati di entrambe le metà del mondo diviso dalla Guerra Fredda stavano lanciando animali e uomini in orbita, gli ingegneri di Philip Morris, British American Tobacco, Lorillard e altre società del tabacco non riuscivano a separare l’aspetto “appagante” del fumo dalle sue conseguenze sulla salute.

Il concetto di “filtro”

Nel 1950, la comprensione di “come e cosa filtrare dalla immensamente complessa miscela” di fumo di sigaretta si basava su metodi di analisi chimica e ingegneria dei materiali qualcosa che oltrepassava le capacità dell’industria delle sigarette.1 Tuttavia, la nozione di filtraggio del fumo per proteggere i polmoni era antecedente.
Nel 1823, Jean e Charles Dean avevano brevettato la maschera antincendio, e Lewis Haslett aveva ottenuto un brevetto per un “Inhaler o Lung Protector” per i minatori di carbone e per gli incendi nel 1849.7 Brevetti per bocchini per sigarette, progettati per distanziare la sigaretta dalle labbra del fumatore, risalgono alla fine del XIX secolo, mentre il termine di “filtraggio” associato al fumo di sigaretta era emerso già all’inizio del XX secolo. La prima vera citazione del “filtro per sigarette” apparve in un brevetto britannico del 1902 intitolato “Mezzi nuovi o migliorati per prevenire o ridurre al minimo gli effetti deleteri del fumo di tabacco”; il fumo di tabacco si stava diffondendo.
La parola “filtro” era associata alla purificazione del fumo, come spiega il nome di un brevetto australiano del 1911: “Miglioramenti relativi ai mezzi per filtrare o purificare il fumo di sigarette, sigari o simili”. 9
Di conseguenza, di fronte alle paure del cancro ai polmoni negli anni ’50, il marketing delle sigarette ha sfruttato l’origine commerciale della parola “filtro”, che aveva connotato a lungo la protezione della salute attraverso la purificazione.

Un filtro per la produzione  industriale di massa

Dopo la seconda guerra mondiale, gli americani fumavano circa 400 miliardi di sigarette ogni anno, il che richiedeva un processo di produzione completamente automatizzato e altamente efficiente.10 Di conseguenza, l’idoneità di un materiale per filtri per sigarette dipendeva dalla lavorabilità di quel materiale nel macchinario di produzione.11 Come Pauly et al hanno osservato in un articolo sul controllo del tabacco del 2002: La velocità con cui vengono fabbricate le sigarette mette a dura prova l’immaginazione. Bisogna immaginare una singola macchina che produce sigarette col filtro al ritmo di 15.000 o più al minuto. Questa cifra di 15.000 sigarette col filtro al minuto può essere espressa anche come 250 sigarette al secondo; l’equivalente di 50 stecche ogni 40 secondi. Gli impianti di produzione all’avanguardia delle principali aziende produttrici di tabacco operano 24 ore su 24, con più macchine per la produzione e l’imballaggio di sigarette per produrre milioni di sigarette ogni giorno.12

Ingegneria delle fibre artificiali

Le fibre naturali come il cotone e la lana posseggono una struttura relativamente non uniforme, perciò sono difficili da lavorare per una produzione di massa dei filtri. Inoltre, sarebbe difficile ottenere da queste fibre naturali filtri standardizzati capaci di esercitare un effetto uniforme sul fumo.
Ciò che i progettisti di sigarette stavano cercando era un materiale che, idealmente, potesse essere realizzato su misura. A tal fine, sembrava più promettente la tecnologia delle fibre sintetiche, che solo da poco aveva iniziato ad affermarsi nel mercato americano, e in particolare l’attenzione si rivolse al nylon. Come molti dei grandi produttori di sigarette, Lorillard non esitò a chiedere l’aiuto delle migliori aziende chimiche americane per il “problema del filtro”. Nel dicembre del 1954, F J MacRae, il vicedirettore del servizio tecnico per materie plastiche della Dow Chemical, scrisse a Lorillard, “Mr. C. W. Frost del nostro ufficio di New York ci ha informato del suo interesse a valutare materiale sperimentale per i filtri (per sigarette)”. MacRae  continuava dicendo che: “poiché il (nostro) polifibra possiede un rapporto superficie-massa estremamente elevato e il prodotto assume una forma fisica che potrebbe prestarsi prontamente a trasformarsi in un filtro per sigarette, riteniamo che questo prodotto potrebbe essere di vostro interesse per la filtrazione”13 In effetti, Lorillard si era rivolto a Dow Chemical per ricevere ulteriore aiuto sul problema del filtro, dopo aver ottenuto scarso successo con le fibre sintetiche della DuPont. Il direttore della ricerca di Lorillard, HB Parmele, era stato regolarmente in contatto con WW Watkins, direttore dello sviluppo delle vendite di acetato di DuPont, per tutto il 1954. Nel mese di febbraio, Watkins aveva scritto a Parmele, “Siamo rimasti delusi dal fatto che il nostro stoppino pressato di acetato di cellulosa non abbia funzionato in modo per voi soddisfacente.14 Sia DuPont che Dow Chemical avevano messo a punto le “polifibre” sintetiche all’inizio degli anni ’50. Il nylon fu la prima fibra sintetica di Du Pont  che ebbe successo commerciale, era stata sviluppata poco prima della seconda guerra mondiale, e agli inizi degli anni ’50 la società produsse un’altra fibra sintetica commerciabile: il poliestere, Dacron.15 L’ingegneria delle fibre rappresentava la scienza all’avanguardia in quel momento, ma i primi tentativi dell’industria delle sigarette di ottenere un materiale filtrante da mettere in produzione dalla DuPont, Dow e altri furono spesso frustrati, come scrive Watkins: Mi dispiace che i risultati riportati nella sua lettera del 25 febbraio 1954 non siano stati più promettenti. Sono propenso a concordare con la sua conclusione; in particolare, se dovremo soddisfare le vostre esigenze dovremo escogitare un approccio radicalmente diverso al problema del filtro. Mi dispiace dire che non so proprio quale potrebbe essere questo nuovo approccio.5
Tuttavia, il fascino delle fibre sintetiche è bastato a giustificare la continuazione della sperimentazione, dopo che i materiali naturali si erano rivelati troppo problematici per essere incorporati nel processo di fabbricazione delle sigarette. I ricercatori di Philip Morris, per esempio, si erano resi conto, proprio come quelli di Lorillard, “il vantaggio di uno “stoppino” di fibre sintetiche è che esse si prestano facilmente ad applicazioni additive per cui la gestione è più semplice e quindi più adattabile alla produzione” 16.

La fibra più adatta: l’acetato di cellulosa

Nel 1954 Philip Morris finanziò una ricerca presso il Textile Research Institute di Princeton, nel New Jersey, finalizzata a restringere le opzioni di quali fibre impiegare per il filtro 17. Il team di Princeton analizzò la maggior parte dai filtri di sigarette esistenti sul mercato, considerando attentamente sia la “efficienza di filtrazione” (la percentuale media di fumo rimossa dal filtro) sia i costi di produzione. Un filtro incluso nella loro valutazione che aveva una buona performance era il filtro per sigarette Kent Micronite di Lorillard. Era fatto di carta piegata e ben confezionata che formava il supporto per un array di fibre di amianto. È interessante notare che il team di Princeton giudicò il filtro in micronite della Kent “troppo efficace”; infatti alla maggior parte dei fumatori non piaceva il gusto insipido e la durezza del fumo delle Kent (le Kent Micronite filtravano il 30% di particolato di catrame dal fumo tradizionale). In effetti, Kent non è mai andata oltre l’1% circa del mercato delle sigarette.18
Cosa nell’immediato più preoccupante, il filtro in Micronite era troppo complicato strutturalmente per gli obiettivi di progettazione di Philip Morris. La conclusione del team Princeton è stata inequivocabile: la fibra di acetato di cellulosa sintetica, da sola, era il materiale più adatto alla produzione di massa delle sigarette, ed era anche il più economico. Le fibre di acetato di cellulosa sono prodotte trattando cellulosa grezza, solitamente ottenuta da pasta di legno, con anidride acetica (un comune reagente acido) in presenza di un catalizzatore. Nel corso della reazione chimica, l’acetato di cellulosa precipita e, successivamente, viene sciolto in acetone per ottenere una soluzione viscosa. Questa soluzione viene rapidamente agitata e lasciata estrudere, attraverso piccole filiere, in un’area calda dove l’acetone evapora rapidamente. Rimangono diversi filamenti solidi e uniformi di acetato di cellulosa. Questi filamenti sono assemblati a formare uno “stoppino”: un nastro costituito da molti fili di acetato di cellulosa.19 Lo stoppino è confezionato e spedito alle fabbriche di sigarette.
Qui, il nastro viene posto in un tubo continuo di schiuma di acetato di cellulosa del diametro di una sigaretta e tagliato in segmenti prima di essere trattato e fissato alla sigaretta, un processo meccanico elaborato che ha impiegato anni per essere perfezionato.
Celanese Corporation e Eastman Kodak sono stati due dei principali innovatori in questo settore di ricerca e sviluppo dei filtri. “La fabbricazione di cilindri di filtro dallo stoppino”, così si legge in una delle domande per ottenere un brevetto da Celanese, “è un processo costoso che comporta la fabbricazione di stoppini, l’apertura del fascio di fibre, l’applicazione di precisione di un plastificante, che trasforma il fascio aperto in un cilindro, avvolgendolo e incollandolo per poi, infine, tagliarlo in lunghezze adeguate, il tutto con una elevata  velocità di produzione e senza assistenza umana diretta”.20

Paradossi della filtrazione: filtri troppo efficienti non sono convenienti per l’industria

Tuttavia, al di là della complessità ingegneristica per la produzione di sigarette, due domande fondamentali sono rimaste aperte nella scienza della filtrazione del fumo: come e cosa filtrare dal fumo di sigaretta?
L’industria del tabacco sapeva che la nicotina era la principale responsabile della “soddisfazione” dei fumatori (cioè della dipendenza). “D’altra parte”, scrissero nel 1958 i progettisti di sigarette che lavoravano per British American Tobacco, “un importante contributo al gusto immediato” delle sigarette sembrava aver origine, almeno in parte, dalla fase vaporosa del fumo.21
Gran parte del fumo era costituito da vapori che erano riconosciuti come “estremamente importanti nel conferire gusto e aroma al fumo”, ma che si riteneva contenessero anche “molte sostanze irritanti e / o fisiologicamente attive del fumo”.2 L’aerosol di vapore e particolato solido è chiamato “catrame”. La capacità di un filtro per sigarette di acetato di cellulosa di impedire a una parte di questo catrame di entrare nei polmoni dei fumatori dipendeva da due fattori: (1) la probabilità che una determinata particella di fumo impattasse sulla superficie di un elemento filtrante e (2) la probabilità che la particella restasse adesa alla superficie del filtro dopo l’impatto.23 Aumentare queste probabilità e quindi l’efficacia del filtro era il programma dei ricercatori.

Nuove idee per migliorare la filtrazione

Le particelle di catrame hanno in media solo circa 0,3 mm di diametro e la velocità del flusso del fumo è tra 200 cm e 400 cm al secondo.23 I ricercatori di sigarette hanno proposto vari modi per aumentare la probabilità di contatto tra le particelle di catrame e le fibre del filtro. Tra questi spiccava il progetto di  indurre forze elettrostatiche con mezzi chimici e / o fisici. Un altro era quello di aumentare la diffusione delle particelle di catrame attorno ai filamenti del filtro. Se la diffusione a vortice, anche se una particella non ha avuto un impatto diretto su un filamento, potrebbe ricircolare e aderire al retro, proprio come accade con l’acqua quando turbina intorno alla roccia. Per migliorare la filtrazione, i ricercatori hanno preso in considerazione l’idea di appiattire i filamenti di filtro, aumentando in tal modo la turbolenza del fluido.23 Per indurre attrazione elettrostatica tra particelle di catrame e fibre del filtro per sigarette, i ricercatori hanno preso in considerazione una struttura del filtro con fibre parallele di carica contrapposta, che teoricamente potrebbero essere realizzate con fibre rivestite di metalli a carica opposta. Le particelle di catrame caricate neutralmente passerebbero, attraverso il filtro, più vicine ai filamenti caricati positivamente oppure a quelli caricati negativamente. Man mano che una particella si avvicina alla linea caricata negativamente, la sua carica sarebbe diventata positiva; dopo il contatto con il filamento, la carica positiva sarebbe neutralizzata, lasciando la particella con una carica negativa netta. Questo, a sua volta, indurrebbe una forte attrazione elettrostatica verso la fibra carica positivamente. In questo modo, le particelle di catrame rimbalzerebbero da una parete del filtro a un’altra, aumentando notevolmente la probabilità di adesione ai filamenti del filtro.23 Vi sono poche prove che suggeriscano che questi progetti siano mai stati realizzati e prodotti in serie. Anche quegli ambiziosi progettisti di filtri che sono riusciti a far passare le proprie idee di filtro, spesso ingegnose, attraverso l’Ufficio brevetti degli Stati Uniti, raramente hanno visto le loro idee adottate dai produttori di sigarette. Harry Frost Jr del Michigan, ad esempio, progettò un filtro che poteva essere “attivato” appena prima dell’uso schiacciando un contenitore di fluidi all’interno del filtro per inumidire l’acetato di cellulosa e migliorare l’assorbimento del catrame (un principio discusso di seguito). La tesi di Frost secondo cui “l’umidità nel tabacco durante il fumo produce una” filtrazione viva” che, se aumentata, potrebbe “catalizzare o accelerare l’assorbimento di ingredienti tossici” era corretta. Tuttavia, il suo filtro avrebbe richiesto metodi di produzione in serie che superassero i parametri di costo e complessità richiesti dai produttori di sigarette.24
I documenti del settore trasmettono un entusiasmo generale per la riduzione del catrame inalato dal fumo tradizionale. Ma, alla fine degli anni ’50, c’era generale consenso sul fatto che i filtri in acetato di cellulosa non avrebbero fatto nulla per impedire ai fumatori di inalare gli aerosol generati dalla combustione del tabacco.

Filtri ventilati

L’obiettivo dei ricercatori di Philip Morris nel 1959 era questo: “Un filtro accettabile dovrebbe essere in grado di trattenere almeno il 50% del particolato del fumo con una caduta di pressione non superiore a 2,5 pollici di acqua ad una velocità di flusso di 17,5 cc al secondo”. 23 Ciò taglierebbe a metà il catrame contenuto nel fumo tradizionale, senza influenzare in modo significativo l’aspirazione. Alla fine degli anni ’50, tuttavia, i migliori filtri in acetato di cellulosa stavano riducendo il catrame tradizionale di circa il 15-30%, quindi se i ricercatori avessero voluto raddoppiare questa efficienza di filtrazione avrebbero dovuto superare una resistenza all’estrazione che sarebbe risultata scomoda per il fumatore e inoltre avrebbe provocato un fumo dal sapore insipido, lo stesso che aveva tolto dal mercato i filtri Micronite della Kent.25
Il modo più ovvio per continuare a migliorare l’efficienza del filtro senza obbligare i fumatori ad aumentare lo sforzo per “tirare” il fumo, era quello di “sfiatare” i filtri. I brevetti per le sigarette ventilate si appalesano negli anni ’60. I disegni presentavano piccole forature sulla superficie del cilindro del filtro che consentivano a un po’ di aria di mescolarsi al fumo nella boccata del fumatore, penetrando appena fuori dalla bocca del fumatore. Un brevetto iniziale per un filtro ventilato, introdotto dalla Olin Chemical Corporation nel 1959 e rilasciato nel 1962, affermava che lo scopo principale del progetto di ventilazione era fornire ai fumatori una sigaretta con filtro che consentiva una aspirazione facile come una sigaretta senza filtro.26 Secondo un gruppo di consulenti di ricerca della Philip Morris, l’adozione di filtri ventilati ha rappresentato una panacea per l’industria delle sigarette: L’uso di filtri ventilati consente di superare la limitazione della ridotta erogazione di fumo caratteristica dei filtri meccanici ad alta efficienza. Inoltre, la diluizione tende a ripristinare, in una certa misura, l’equilibrio tra la fase gassosa e il contenuto di particolato del fumo che è sbilanciato quando si impiegano alti gradi di filtrazione meccanica, da soli.27

Riduzione dei gas tossici

La ventilazione ha fatto molto di più che bypassare la fastidiosa resistenza che riduce il volume del fumo che si aspira con un tiro della sigaretta tradizionale. Il filtro ventilato riduce anche il volume e la velocità dell’aria che si muove attraverso il fusto della sigaretta, abbassando la temperatura della sigaretta accesa e riducendo il livello di ossigeno al sito di combustione, determinando cambiamenti significativi nella chimica del fumo.28
Uno degli effetti imprevisti dei filtri ventilati, quindi, sembrava essere una riduzione delle concentrazioni di gas tossici come il monossido di carbonio e l’ossido di azoto generati durante la combustione.28 Con la prospettiva di ridurre con successo le loro concentrazioni nel fumo attraverso la ventilazione, la filtrazione selettiva sembrava un buon obiettivo per i ricercatori di sigarette. Tuttavia, essi non potevano tener conto del comportamento dei fumatori, i quali tendevano a cambiare il modo di fumare aspirando più profondamente in modo da realizzare un volume più elevato della boccata e una velocità maggiore, una forma di compensazione. Questo comportamento contrastava la filtrazione selettiva dei gas tossici.2
D’altra parte, attraverso i loro sforzi per rendere il fumo meno tossico, i ricercatori avevano aperto un vaso di Pandora, perché si accorgevano di quante sostanze potenzialmente pericolose erano contenute nel fumo. Nel 1961, in una presentazione al comitato Ricerca & Sviluppo di Philip Morris, il dott. H Wakeham, all’epoca vicepresidente della divisione R&S, sottolineò che agenti cancerogeni erano dispersi “praticamente in ogni classe di composti nel fumo” e che la tecnologia disponibile non avrebbe permesso la filtrazione selettiva del particolato». 29 Alla fine della presentazione del dott. Wakeham, i progettisti della Philip Morris compresero che dovevano abbandonare la filtrazione selettiva oppure ripensare completamente il design del filtro per sigarette. Anche altre aziende stavano raggiungendo conclusioni simili e, verso la metà degli anni ’60, cercarono sempre più l’aiuto di altre società specializzate nella ricerca e sviluppo di prodotti chimici e materiali avanzati. Nel 1965, Lorillard assunse la Celanese Corporation per riesaminare il problema del filtro.
Alla conferenza di ricerca dei chimici del tabacco del 1984, Kassman ribadì che i fumatori tendevano a tirare sigarette con maggiore vigore per ottenere “soddisfazione”, e questo comportamento compromette la filtrazione selettiva dei gas tossici.

Carbone attivo

Nel loro sforzo di preservare un equilibrio tra il catrame (che conteneva nicotina) riducendo selettivamente i livelli di gas tossici nel fumo tradizionale, i ricercatori di Celanese, a metà degli anni ’60, hanno scoperto che “l’uso di carbone impregnato e altri adsorbenti per assorbire selettivamente i gas tossici (è stato) frequentemente descritto nella letteratura relativa alle maschere antigas” indossati in battaglia durante la prima e la seconda guerra mondiale.22 Il carbone è quasi completamente non- igroscopico, quindi non può assorbire il catrame ma può assorbire i gas. Incorporare una piccola regione di carbone da qualche parte in un filtro in acetato di cellulosa sembrava la mossa appropriata. Un grammo di carbone attivo può avere una superficie di diverse centinaia di metri quadrati. Nel labirinto poroso di carbone attivo, le molecole di gas tossici nel fumo di sigaretta tradizionale possono restare intrappolate, mentre il catrame continuerebbe ad essere assorbito nella componente igroscopica del filtro, quella in acetato di cellulosa.
Sfortunatamente, i test di laboratorio sui nuovi filtri a carbone attivo non produssero risultati incoraggianti, non c’era alcuna differenza significativa nella produzione di monossido di carbonio tra sigarette con filtro e senza filtro, mentre gli idrocarburi erano presenti in quantità sostanzialmente equivalenti. Uno dei motivi della inefficacia del carbone attivo per adsorbire i gas tossici era l’elevata temperatura che si raggiungeva nella regione del filtro a carbone. Anche quando le molecole di gas tossici venivano adsorbite dal carbone attivo, il calore le faceva ri-volatilizzare. Oggi, praticamente nessun filtro per sigarette contiene carbone.

Cambiare programma: dalla ricerca di un filtro efficace al marketing

Sebbene i ricercatori della filtrazione delle sigarette abbiano sviluppato un corpus significativo di conoscenze scientifiche sulla dinamica del flusso di fumo e sull’ingegneria del filtro, alla metà degli anni ’60, la loro principale conclusione è stata che il “problema del filtro” non poteva essere praticamente risolto.
Avevano affrontato una contraddizione ingegneristica: il filtro per sigarette che avrebbe ridotto sensibilmente i rischi per la salute del fumo (causato da catrame, nicotina e gas) non poteva preservare il gusto e la “soddisfazione” che i fumatori bramavano (forniti da catrame, nicotina e gas).
Pertanto, sono state fatte manipolazioni alternative al design delle sigarette al fine di perpetuare la credenza popolare che le sigarette “sicure” fossero possibili.

L’illusione del filtro efficace

Il chimico Claude Teague, un ricercatore di RJ Reynolds, scoprì che la manipolazione del pH nei filtri a base di acetato di cellulosa produceva scolorimenti nel filtro al passaggio del fumo:
Il pubblico che fuma sigarette attribuisce grande importanza all’esame visivo del filtro nelle sigarette, dopo aver fumato. Di solito viene effettuato un confronto visivo prima e dopo aver fumato la sigaretta se il la punta del filtro diventa scura, il filtro viene giudicato efficace. Anche se il cambio di colore aveva un effetto scarso o nullo sull’efficacia del filtro, i vantaggi di pubblicità e vendite sono evidenti.30  Anche se i ricercatori non sono riusciti a progettare filtri efficaci, c’erano modi per progettare l’illusione di filtri efficaci. Il filtro ventilato è diventato il mezzo più sfruttato con cui sono state ottenute le riduzioni di catrame e nicotina, consentendo ai produttori di sigarette di applicare ai loro marchi termini come light, ultra light e basso contenuto di catrame, che fanno riferimento alla produzione di catrame per sigaretta tra 1 mg (ultra leggero) e 15 mg (basso contenuto di catrame). Le prese d’aria consentono una diluizione dell’aria superiore al 50% del fumo tradizionale in alcuni di questi marchi, riducendo di conseguenza la resa in catrame a metà, almeno in laboratorio.

Misurazioni in laboratorio forniscono dati falsati rispetto alle misure di consumo reale

Quando negli USA, la Federal Trade Commission (FTC) iniziò a misurare la produzione di catrame e nicotina delle sigarette nel 1967, “la procedura era essenzialmente la stessa sviluppata dai ricercatori dei principali produttori di sigarette.31 Un test di laboratorio standardizzato consentiva ai produttori di sigarette di prevedere il risultato e progettare sigarette in base alle misure volute. Le sigarette con filtro ventilato sono progettate per essere classificate secondo misure ottenute con la macchina da fumo (il metodo standard di laboratorio), anziché con misurazioni di catrame inalato dal consumatore medio.
Così è successo che i livelli del catrame prodotto dalle sigarette sono diminuiti costantemente dal 1968 al 1997, passando  da circa 22 mg per sigaretta a circa 12 mg.32 Le sigarette ventilate possono produrre 12 mg di nicotina quando la misura è fatta con una macchina da fumo , ma i fumatori reali possono facilmente ottenere molto più catrame e nicotina della macchina da fumo. “Studi all’interno e all’esterno dell’industria delle sigarette hanno provato che molti fumatori bloccano le prese d’aria del filtro con le dita o le labbra”, di solito senza esserne consapevoli.33 E’ praticamente impossibile vedere ad occhio nudo le prese d’aria del filtro e otturandole anche solo in parte si può aumentare la resa di catrame e nicotina ben al di sopra dei risultati di laboratorio.

In conclusione, la ricerca sui filtri: dalla speranza all’inganno

Sebbene i marchi di sigarette con filtro costituiscano attualmente oltre il 90% dell’intero mercato delle sigarette, già dalla metà degli anni ’60 il Surgeon General aveva giudicato inutili i filtri ai fini della riduzione del danno al fumatore medio.34
In effetti, i dati epidemiologici raccolti tra gli anni ’70 e i primi anni 2000 continuavano a dare la  stessa conclusione, che l’adozione quasi universale dei filtri per sigarette aveva fatto ben poco per proteggere i fumatori.
Nel 2010, un team di investigatori negli Stati Uniti e in Giappone ha confermato sull’International Journal of Cancer che “il passaggio alle sigarette con filtro aveva provocato semplicemente il cambiamento del tipo più frequente di cancro ai polmoni: dal carcinoma a cellule squamose all’adenocarcinoma”. 35
Allo stesso modo, non ci sono ancora prove convincenti che i filtri per sigarette abbiano contribuito a mitigare altri rischi per la salute del fumo come le malattie cardiache. Tuttavia, durante la fase di ricerca e sviluppo delle sigarette con filtro negli anni ’50 e ’60, solo pochi sostenevano che non si potevano progettare filtri davvero efficaci nel ridurre i rischi del fumo.
Si potrebbe affermare che gli sforzi delle aziende produttrici di sigarette per sviluppare sigarette filtrate sono stati una farsa completa sin dall’inizio? Probabilmente non è così. In effetti, le opinioni delle autorità sanitarie di spicco del periodo manifestavano l’incertezza riguardo alle potenzialità dei filtri per la protezione della salute. In una monografia del 1955 curata da un epidemiologo presso Sloan-Kettering Institute per la ricerca sul cancro, con prefazione di uno dei principali redattori del New England Journal of Medicine, la possibilità di filtri per sigarette protettivi non fu respinta.36
Quando il paradosso fondamentale della filtrazione del fumo di sigaretta divenne chiaro, alla metà degli anni ’60, molte persone all’interno e all’esterno dell’industria del tabacco rimasero deluse: ciò che è dannoso nel fumo tradizionale e ciò che fornisce al fumatore “soddisfazione” sono essenzialmente la stessa cosa.  La ventilazione non rappresentava tanto la soluzione della ricerca per la riduzione del danno, ma piuttosto la resa finale a questo principio.
Questo studio non ha trovato prove dirette che, negli anni ’50, i dirigenti o i ricercatori dell’industria del tabacco, nutrissero dubbi sulle possibilità di riuscita dei loro sforzi. Né che gli operatori del settore coinvolti nelle prime ricerche per ridurre i livelli di gas tossici nel fumo tradizionale attraverso la filtrazione selettiva o la ventilazione ritenessero inutili i loro sforzi.
La volontà del settore di collaborare con importanti aziende tecnologiche come DuPont, Dow, Eastman Kodak e Celanese per risolvere il “problema del filtro” suggerisce il contrario.
Indubbiamente, come diversi storici hanno chiarito, c’è stata una pletora di marketing orientato ad attestare i benefici per la salute delle sigarette con filtro 30. Tuttavia, le prove storiche disponibili suggeriscono che molti dei primi sforzi per rendere il fumo meno dannoso progettando filtri efficaci erano sinceri e motivati dalla convinzione che si trattasse solo di un questione di tempo e denaro per trovare soluzioni scientifiche adeguate al “problema del filtro”.
Sebbene gli ingegneri delle sigarette sappiano da decenni che i filtri sono inefficaci nel ridurre le conseguenze sulla salute del fumo, la storia iniziale di questo programma di ricerca e sviluppo potrebbe essere separata dal marketing ingannevole delle sigarette col filtro, durata per oltre 60 anni.

Fonti

Bradford Harris. The intractable cigarette ‘filter problem’
Tobacco Control 2011;20(Suppl 1):10iei16. doi:10.1136/tc.2010.040113
L’articolo è basato sui documenti dell’industria del tabacco, del database online della Legacy Tobacco Documents Library, Università della California, San Francisco (UCSF). http://legacy.library.ucsf.edu/action/search/expert,
Allan M. Brandt. The Cigarette Century pp. 244-250; 262-264. Basic Books New York (2007)

Leggi

Segretariato della Convenzione Quadro per il Controllo del Tabacco. Report della riunione sulla ventilazione delle sigarette. 14 Luglio 2021

Riferimenti

  1. Kluger R. Ashes to Ashes. New York: Vintage Books, 1996:149.
  2. Zipser A. Cigarette industry convalescing; filter prescription seems to help: cigarette output survives a crisis. New York Times 3 Oct 1954.
  3. Hearings Before a Subcommittee of the Committee on Government Operations. False and Misleading Advertising (Filter-Tip Cigarettes), 85th Congress, First Session (1957).
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  6. Klamkin S. A moving boundary filtration problem or “the cigarette problem.” Am Math Mon 1957;64:710e15.
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