L’uso del tabacco peggiora la vita dei gruppi più vulnerabili e genera disuguaglianza sociale
“Non fumiamo questa merda, la vendiamo e basta! Il diritto di fumare lo riserviamo ai giovani, ai poveri, ai neri e agli stupidi.” E’ la risposta data dal direttore esecutivo della R.J. Reynolds, la casa produttrice delle sigarette Camel, quando gli chiesero perché non fumava.
L’industria dl tabacco si rivolge attivamente ai gruppi di popolazione con pochi mezzi economici, con prodotti a basso prezzo come il tabacco trinciato per rollare sigarette. Anche in Italia, il fumo si associa alla scarsa istruzione e alla povertà in un circolo vizioso per cui la povertà aumenta il rischio di fumare e il fumare aumenta il rischio della povertà.
Tra i disoccupati la frequenza di fumatori è 9 punti più alta di quella degli occupati
L’uso di tabacco più frequente tra operai, artigiani e agricoltori
Tra i lavoratori altamente specializzati (ricercatori, intellettuali) la prevalenza di fumatori è all’incurca la metà di quella degli operai e di quella degli autisti.
Uso di tabacco più frequente tra le persone con minore livello di istruzione (circa dieci punti in più rispetto ai laureati)
Uso di tabacco più frequente tra chi ha molte difficoltà economiche: 15 punti in più rispetto a chi non ha difficoltà conomiche
Conseguenze del fumo sui bilanci familiari e sulla salute
C’è una relazione inestricabile tra tabacco e povertà che, in molti modi, fanno parte dello stesso circolo vizioso.
In Italia, come in tutto il mondo, il fumo è più diffuso tra le fasce più povere della popolazione. Questi gruppi, già in condizioni di stress finanziario a causa del basso reddito, vedono ridursi ulteriormente le risorse a disposizione a causa dei soldi che vanno via per acquistare le sigarette.
In Italia, le famiglie in condizioni di povertà relativa sono il 10,8%.
Nel 2023, la soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti è stata pari a 1.200 euro al mese. Nel caso in cui si fumino 20 sigarette al giorno, il 15% del reddito (188 euro al mese) viene speso per le sigarette (molti cercano di ridurre questa somma passando al tabacco trinciato per farsi le sigarette rollate in proprio).
Ciò comporta una riduzione dei fondi a disposizione per l’alimentazione, l’istruzione, l’alloggio e l’abbigliamento.
Fonte
I dati utilizzati sono quelli forniti dalla Sorveglianza Passi. condotta dall’Istituto Superiore di Sanità. Ringraziamo lo staff della sorveglianza per l’assistenza nell’analisi e interpretazione dei dati.
Nota. I dati Passi sono coerenti con quelli pubblicati dall’Istat. Le differenze sono legate soprattutto al fatto che l’Istat fa riferimento alla popolazione italiana dai 15 anni in su, mentre i dati Passi si riferiscono alla popolazione italiana dai 18 ai 69 anni. Pertanto la stima Passi della prevalenza di fumatori (25,0%)iè più alta di quella dell”Istat (19.5%)