The World Bank: Curbing the epidemic: governments and the economics of tobacco control (1999)
Stralci dal Sommario Esecutivo
Il report, che è stato pubblicato nel 1999, cioè prima della Convenzione Quadro sul Controllo del Tabacco, presenta i risultati di uno studio esteso della letteratura economica, uno sforzo intrapreso dalla Banca Mondiale, che sfata alcune credenze consolidate relative all’economia del tabacco e alle possibili conseguenze delle politiche di controllo.
Prende l’avvio dalla constatazione che, mentre poche persone ora contestano il dato di realtà che il fumo danneggia la salute umana su scala globale, in molti paesi, i governi sono stati restii ad intraprendere azioni per controllare il fumo, ad esempio non sono stati decisi aumenti della tassazione oppure divieti completi di pubblicità e promozione, o restrizioni al fumo nei luoghi pubblici, perché questi governi erano preoccupati che i loro interventi avrebbero potuto avere conseguenze economiche dannose. Ad esempio, alcuni politici temono che una riduzione delle vendite di sigarette comporterebbe la perdita permanente di migliaia di posti di lavoro; che maggiori tasse sul tabacco comporterebbero minori entrate statali; e che prezzi più alti incoraggerebbero il contrabbando di sigarette.
Il report ha esaminato le questioni economiche che i responsabili politici devono affrontare nel controllo del tabacco, cercando di rispondere a quesiti relativi a:
- se i fumatori siano consapevoli dei rischi cui vanno incontro e sostengano tutti i costi delle loro scelte di consumo.
- le opzioni a disposizione dei governi.
- le conseguenze prevedibili del controllo del tabacco per la salute, le economie e i singoli individui.
Il report dimostra che:
- i timori economici che hanno scoraggiato i politici a prendere provvedimenti sono in gran parte infondati: nella grande maggioranza dei paesi, le politiche che riducono la domanda di tabacco, come l’aumento delle tasse sul tabacco, non causerebbero perdite di posti di lavoro a lungo termine.
- l’aumento delle tasse sul tabacco non ridurrebbe le entrate fiscali; piuttosto, le entrate, a medio termine, salirebbero.
- Le politiche di controllo del tabacco potrebbero portare enormi benefici alla salute pubblica senza danneggiare le economie.
I FUMATORI CONOSCONO I LORO RISCHI E SOSTENGONO TUTTI I COSTI?
La teoria economica moderna sostiene che i consumatori sono solitamente i migliori giudici di come spendere i loro soldi per beni e servizi. Questo principio si basa sul presupposto che il consumatore faccia scelte razionali e consapevoli dopo aver valutato i costi e i benefici degli acquisti e, in secondo luogo, che il consumatore sostenga tutti i costi della scelta. Quando tutti i consumatori effettuassero le loro scelte di acquisto, conoscendo i rischi e sostenendone i costi, le risorse della società verrebbero allocate nel modo più efficiente possibile. La scelta dei fumatori è di questo tipo? Si traduce in un’allocazione efficiente delle risorse della società?
I fumatori percepiscono chiaramente i benefici del fumo, come il piacere ed evitare l’astinenza, e li valutano rispetto ai costi privati della loro scelta. Da questo punto di vista, i benefici percepiti superano i costi percepiti, altrimenti i fumatori non pagherebbero per fumare. Tuttavia, la scelta di fumare differisce da altre scelte di acquisto sotto tre aspetti.
- molti fumatori non sono pienamente consapevoli degli alti rischi di malattia e di morte prematura che la loro scelta comporta. Nei paesi a basso e medio reddito, molti fumatori potrebbero semplicemente non sapere nulla di questi rischi. Ad esempio, in Cina, nel 1996, il 61% dei fumatori intervistati pensava che il tabacco li facesse “poco o nulla male”. Nei paesi ad alto reddito, i fumatori sanno di dover affrontare rischi maggiori, ma giudicano la dimensione di questi rischi inferiore rispetto ai non fumatori, e minimizzano anche la rilevanza personale di questi rischi.
- In secondo luogo, di solito si inizia a fumare nell’adolescenza o nella prima età adulta. I giovani, anche quando hanno ricevuto informazioni, non hanno sempre la capacità di usarle per prendere decisioni corrette. I giovani possono essere meno consapevoli degli adulti del rischio di diventare dipendenti dalla nicotina, sottovalutando seriamente i costi futuri del fumo, per l’ignoranza delle difficoltà di invertire la decisione giovanile di fumare, cui andranno incontro in età avanzata. Del resto, la società riconosce la insufficiente capacità decisionale dell’adolescente, tanto da limitare la libertà dei giovani di votare o di sposarsi fino a una certa età.
- In terzo luogo, il fumo impone costi ai non fumatori, sotto forma di danni alla salute, fastidio e irritazione dovuti all’esposizione al fumo di tabacco ambientale, ma anche costi finanziari per l’assistenza sanitaria e pensioni anticipate. Nei paesi ad alto reddito, l’assistenza sanitaria legata al fumo rappresenta tra il 6 e il 15 percento di tutti i costi sanitari annuali. Queste cifre non si applicano necessariamente ai paesi a basso e medio reddito, in cui l’epidemia di malattie legate al fumo è in una fase più precoce.
Se l’assistenza sanitaria viene pagata in una certa misura dalla tassazione pubblica generale, i non fumatori pagheranno una parte dei costi della popolazione di fumatori. Alcuni analisti hanno sostenuto che, poiché i fumatori tendono a morire prima rispetto ai non fumatori, i loro costi sanitari, considerando tutto l’arco della vita, potrebbero essere uguali o anche inferiori a quelli dei non fumatori. Questo problema è controverso, ma le revisioni recenti nei paesi ad alto reddito suggeriscono che i costi per la vita dei fumatori sono, alla fine dei conti, superiori, seppur di poco, a quelli dei non fumatori, nonostante questi abbiano una vita più breve.
Il problema relativo alle pensioni è altrettanto complesso. Alcuni analisti nei paesi ad alto reddito hanno sostenuto che i fumatori pagano la loro parte, contribuendo a schemi pensionistici pubblici e poi morendo prima, in media, rispetto ai non fumatori. Tuttavia, questa domanda è irrilevante per i paesi a basso e medio reddito dove vive la maggior parte dei fumatori, perché la copertura pensionistica pubblica in questi paesi è bassa. In sintesi, i fumatori certamente impongono alcuni costi, che includono i danni alla salute, fastidio e irritazione, ai non fumatori. Possono anche imporre costi finanziari, anche se la portata di questi è variabile e non è ancora ben chiara.
MISURE PER RIDURRE LA RICHIESTA DI TABACCO
Aumentare le tasse
Le prove fornite dai paesi di tutti i livelli di reddito mostrano che gli aumenti dei prezzi delle sigarette sono molto efficaci nel ridurre la domanda. Imposte più alte inducono alcuni fumatori a smettere e impediscono ad altri individui di iniziare a fumare. Riducono anche il numero di ex-fumatori che ritornano alle sigarette e riducono il consumo tra i fumatori. In media, ci si aspetta che un aumento del prezzo del 10 percento su un pacchetto di sigarette riduca la domanda di sigarette di circa il quattro percento nei paesi ad alto reddito e di circa l’otto percento nei paesi a basso e medio reddito, dove i redditi più bassi tendono a rendere gli individui più reattivi alle variazioni di prezzo. I bambini e gli adolescenti sono più sensibili all’aumento dei prezzi rispetto agli adulti più anziani, quindi questo intervento avrebbe un impatto significativo su di loro.
I modelli presentati nel report mostrano che incrementi delle tasse che facessero aumentare, in tutto il mondo, il prezzo reale delle sigarette del 10 per cento, farebbero smettere 40 milioni di fumatori (viventi nel 1995) prevenendo così un minimo di 10 milioni di decessi correlati al tabacco. Le ipotesi su cui si basa il modello sono deliberatamente prudenti e queste cifre dovrebbero quindi essere considerate come stime minime.
Come molti politici sanno, la questione di quale dovrebbe essere il giusto livello della tassazione è complessa. La dimensione della tassazione dipende in modo sottile da fatti, come l’entità dei costi per i non fumatori e i livelli di reddito. Dipende anche dalla variazione dei valori della società, ad esempio sulla misura in cui i minori dovrebbero essere protetti e da ciò che una società spera di ottenere attraverso la tassazione, se un aumento di entrate fiscali oppure una riduzione del carico di malattia. Il report conclude che, per il momento, i responsabili delle politiche di controllo del fumo dovrebbero utilizzare come pietra di paragone i livelli fiscali adottati, come parte delle politiche globali di controllo del tabacco, nei paesi in cui il consumo di sigarette è diminuito. In tali paesi, la componente fiscale del prezzo di un pacchetto di sigarette è compresa tra i due terzi ei quattro quinti del costo di vendita.
Attualmente, nei paesi ad alto reddito, le imposte hanno una media di circa due terzi o più del prezzo al dettaglio di un pacchetto di sigarette. Nei paesi a reddito, inferiore le tasse ammontano a non più della metà del prezzo al dettaglio di un pacchetto di sigarette.
Misure non economiche per ridurre la domanda
Oltre ad aumentare il prezzo, i governi hanno anche adottato una serie di altre misure efficaci.
Queste includono divieti completi in materia di pubblicità e promozione del tabacco; misure relative all’informazione del pubblico, come le avvertenze di salute sui pacchetti, la pubblicazione e diffusione di risultati di ricerche sulle conseguenze per la salute del fumo e divieti di fumo nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici. Il report dimostra che ciascuna di queste misure può ridurre la domanda di sigarette. Ad esempio: “shock informativi” come la pubblicazione di ricerche con nuovi e significativi dati sugli effetti del fumo sulla salute. Il loro effetto sembra essere maggiore quando una popolazione ha relativamente poca consapevolezza generale dei rischi per la salute.
Un divieto completo di pubblicità e promozione del tabacco può ridurre la domanda di circa il sette percento, secondo gli studi econometrici nei paesi ad alto reddito. Le restrizioni del fumo favoriscono chiaramente i non fumatori, e ci sono anche alcune evidenze che tali restrizioni possano ridurre la prevalenza del fumo. I modelli sviluppati per questo report suggeriscono che, impiegate insieme, tali misure non tariffarie utilizzate a livello globale potrebbero convincere circa 23 milioni di fumatori vivi nel 1995 a smettere e ad evitare le morti attribuibili al tabacco di cinque milioni di loro. Come con le stime per gli aumenti delle tasse, si tratta di stime prudenti.
Un terzo intervento sarebbe quello di aiutare coloro che desiderano smettere, rendendo più facile per loro ottenere la terapia sostitutiva della nicotina e altri interventi di cessazione. La terapia sostitutiva aumenta notevolmente l’efficacia degli sforzi di cessazione e riduce anche i costi di cessazione per le persone. Eppure in molti paesi, la terapia sostitutiva è difficile da ottenere. Lo studio suggerisce che se la terapia sostitutiva fosse più ampiamente disponibile, potrebbe aiutare a ridurre sostanzialmente la domanda.
L’effetto combinato di tutte queste misure di riduzione della domanda non è noto, poiché i fumatori nella maggior parte dei paesi con politiche di controllo del tabacco sono esposti a un mix di queste misure, nessuna delle quali può essere studiata rigorosamente da sola. Tuttavia, vi è evidenza che l’attuazione di un intervento supporta il successo degli altri, e ciò sottolinea l’importanza di implementare le misure di controllo del tabacco come un pacchetto di misure.
MISURE PER RIDURRE L’OFFERTA DEL TABACCO
Le misure per ridurre l’offerta sono meno promettenti di quelle che operano sul lato della domanda.
La misura estrema di proibire il tabacco, oltre che irrealistica e destinata a fallire, non è giustificata in base a motivazioni economiche. Per quanto riguarda la sostituzione delle colture, spesso proposta come mezzo per ridurre l’offerta di tabacco, non vi è quasi nessuna prova che essa sia in grado di ridurre l’offerta, dal momento che gli incentivi agli agricoltori per coltivare il tabacco sono attualmente molto maggiori rispetto quelli della altre colture. Tuttavia, se non è un modo efficace per ridurre il consumo, potrebbe essere una strategia utile, laddove necessario, per aiutare i coltivatori di tabacco più poveri in transizione verso altri mezzi di sostentamento, come parte di un programma di diversificazione più ampio.
Allo stesso modo, le restrizioni commerciali, come il divieto di importazione, avranno un impatto limitato sul consumo di sigarette in tutto il mondo. Invece, è più probabile che i paesi riescano a frenare il consumo di tabacco adottando misure che riducono efficacemente la domanda e applicando tali misure tanto alle importazioni di sigarette quanto al mercato interno.
La rimozione delle sovvenzioni alla produzione di tabacco, in vigore principalmente nei paesi ad alto reddito, sovvenzioni che non hanno molto senso, avrebbe comunque poco impatto sul prezzo totale al dettaglio.
Tuttavia, c’è una misura di riduzione dell’offerta che è fondamentale per una strategia efficace per il controllo del tabacco: il contrasto del contrabbando. Tra le misure più efficaci figurano i bolli fiscali e le avvertenze sui pacchetti di sigarette, nonché l’applicazione effettiva e coerente di sanzioni severe per scoraggiare i contrabbandieri. Stretti controlli sul contrabbando migliorano i rendimenti delle entrate dei governi derivanti dagli aumenti delle tasse sul tabacco.
I COSTI E LE CONSEGUENZE DEL CONTROLLO DEL TABACCO
I responsabili delle politiche tradizionalmente sollevano diverse preoccupazioni riguardo alle politiche di controllo del tabacco. La prima di queste preoccupazioni è che i controlli sul tabacco possano causare perdite permanenti di posti di lavoro.
Tuttavia, la diminuzione della domanda di tabacco non significa una diminuzione del livello di occupazione totale di un paese. Il denaro che i fumatori una volta spendevano in sigarette saranno spesi in altri beni e servizi, generando altri posti di lavoro in sostituzione di quelli persi nell’industria del tabacco. Gli studi per questo rapporto mostrano che la maggior parte dei paesi non vedrebbe perdite nette di posti di lavoro, e che alcuni vedrebbero guadagni netti, se il consumo di tabacco diminuisse.
Vi è però un certo numero molto limitato di paesi, soprattutto nell’Africa subsahariana, le cui economie dipendono fortemente dalla coltivazione del tabacco. Per questi paesi, mentre le riduzioni della domanda interna avrebbero un impatto minimo, un calo della domanda, a livello mondiale, comporterebbe perdite di posti di lavoro. Le politiche di aiuto internazionale sarebbero essenziali, in questi casi. Tuttavia, va sottolineato che, anche se la domanda dovesse diminuire in modo significativo, si verificherebbe lentamente, nel corso di una generazione o più.
Una seconda preoccupazione è che l’aumento delle aliquote potrebbe ridurre le entrate del governo. In effetti, le prove empiriche dimostrano che l’aumento delle tasse sul tabacco porta maggiori entrate fiscali sul tabacco. Ciò è in parte dovuto al fatto che tra aumento della tassazione e riduzione della domanda non c’è una corrispondenza 1:1, poiché i consumatori sono dipendenti dalle sigarette e rispondono abbastanza lentamente all’aumento dei prezzi. Un modello sviluppato per questo studio conclude che un modesto aumento delle tasse sulle accise di sigarette pari al 10%, in tutto il mondo, farebbe ridurre i consumi del 4% ed aumentare le entrate fiscali del tabacco di circa il 7% percento, con effetti variabili da paese a paese.
Una terza preoccupazione è che l’aumento delle tasse porti a massicci aumenti nel contrabbando, mantenendo così il consumo di sigarette alto, e riducendo però le entrate del governo. Il contrabbando è un problema serio, ma il report conclude che anche laddove, a causa di un mancata azione di contrasto, si verificasse aumento del contrabbando, resterebbe l’effetto positivo sulle entrate e quello depressivo sui consumi.
Pertanto, piuttosto che rinunciare agli aumenti delle tasse, la risposta appropriata al contrabbando è quella di reprimere l’attività criminale.
Una quarta preoccupazione è che l’aumento delle tasse sulle sigarette avrà un impatto sproporzionato sui consumatori poveri. Le tasse sul tabacco esistenti consumano una percentuale maggiore del reddito dei consumatori poveri rispetto ai consumatori ricchi.
Tuttavia, la preoccupazione principale dei responsabili politici dovrebbe essere l’impatto distributivo dell’intero sistema fiscale e di spesa, e meno su particolari imposte in isolamento. È importante notare che i consumatori poveri di solito sono più sensibili agli aumenti dei prezzi rispetto ai consumatori ricchi, quindi il loro consumo di sigarette diminuirà più bruscamente a seguito di un aumento delle tasse e il relativo onere finanziario potrebbe essere ridotto proporzionalmente. Nondimeno, la loro perdita dei benefici percepiti del fumo può essere relativamente maggiore.
UN’AGENDA PER L’AZIONE
- Laddove i governi decidano di intraprendere un’azione decisa per frenare l’epidemia di tabacco, dovrebbe essere adottata una strategia su più fronti. I suoi obiettivi dovrebbero essere quello di dissuadere i minori dal fumare, proteggere i non fumatori e fornire a tutti i fumatori informazioni sugli effetti del tabacco sulla salute. La strategia, adattata alle esigenze dei singoli paesi, dovrebbe includere:
(a) aumentare le tasse usando come metro di valutazione le aliquote adottate dai paesi con politiche di controllo del tabacco complete. In questi paesi, le imposte rappresentano da due terzi a quattro quinti del prezzo al dettaglio delle sigarette;
(b) pubblicare e divulgare i risultati delle ricerche sugli effetti del tabacco sulla salute, aggiungere avvertenze di salute sui pacchetti di sigarette, adottare divieti completi in materia di pubblicità e promozione e limitare il fumo nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici;
(c) ampliare l’accesso alla terapia sostitutiva con nicotina e altre terapie di cessazione.
- Le agenzie internazionali come le agenzie delle Nazioni Unite dovrebbero rivedere i loro programmi e le loro politiche, per garantire che il controllo del tabacco sia tenuto in debita considerazione; dovrebbero sponsorizzare la ricerca sulle cause, sulle conseguenze e sui costi del fumo e sull’efficacia dei costi degli interventi a livello locale. Le principali aree di azione comprendono la facilitazione degli accordi internazionali sul controllo del contrabbando, le discussioni sull’armonizzazione fiscale per ridurre gli incentivi al contrabbando e sul divieto di pubblicità e promozione.
La minaccia rappresentata dal fumo per la salute globale non ha precedenti, ma lo è anche il potenziale per ridurre la mortalità correlata al fumo con politiche economicamente efficaci.