L’Interferenza dell’Industria nelle Politiche Italiane
Questo articolo riporta la traduzione in italiano dell’introduzione al report Global Tobacco Industry Interference Index 2023, un’indagine globale sul modo in cui i governi si confrontano con la invadente lobby dell’industria del tabacco e proteggono le politiche di Sanità Pubblica dai suoi interessi commerciali.
Dal Monopolio alla Privatizzazione
L’Italia ha avuto una lunga storia d’amore con il tabacco. Per tutto il XX secolo, il monopolio del tabacco è stato un formidabile apparato industriale in grado di promuovere, sostenere e controllare la produzione agricola di foglie di tabacco, provvedere alla loro trasformazione industriale in prodotti finali (tabacco lavorato) e gestire la distribuzione del tabacco lavorato attraverso una vasta rete di tabaccherie. Era una risorsa economica per il Paese, al riparo dalla concorrenza internazionale fino al secondo dopoguerra quando, sulla base del Piano Marshall (Programma di Ricostruzione Europea), l’Italia si aprì al commercio di tabacco lavorato americano e straniero.
Nel 2003, dopo una ristrutturazione triennale del settore per renderlo più appetibile agli investitori, l’intero apparato industriale è stato privatizzato attraverso la sua vendita alla British American Tobacco (BAT), che si aggiudicò l’asta. Lo Stato ha mantenuto il suo ruolo essenziale di regolamentazione, ma ha ceduto la produzione di tabacco, un’attività che appariva allora eticamente discutibile poiché contraria al diritto alla salute.
Mutamento del clima
È importante ricordare come, negli anni ’90 l’opinione pubblica italiana fosse sempre più allarmata a causa delle notizie provenienti dagli Stati Uniti in merito alla scoperta dei rischi per la salute legati al tabacco e alle azioni legali portate avanti dalle istituzioni pubbliche contro l’industria del tabacco. Così, intorno al passaggio del millennio, emerse un forte movimento di opinione pubblica contrario a Big Tobacco. La mutata situazione creò una finestra di opportunità per due Ministri della Salute (Veronesi e Sirchia) che riuscirono a inserire la regolamentazione del tabacco tra le priorità dell’agenda politica, culminata con la legge che vieta il fumo nei luoghi pubblici voluta da Sirchia nel 2005. L’attuazione della legge è stata un successo innegabile: il divieto è stato inaspettatamente e rapidamente adottato a livello nazionale, rendendo l’Italia un pioniere in Europa nel vietare il fumo nei luoghi pubblici. Tre anni dopo (2008), l’Italia ha ratificato la Convenzione Quadro dell’OMS sul Controllo del Tabacco (FCTC), che ha presentato una prospettiva più ampia per il controllo del tabacco dichiarando l’industria del tabacco incompatibile con la salute pubblica.
Nel 2014, l’Unione Europea (UE) ha approvato la Direttiva sui Prodotti del Tabacco, allineandosi alla FCTC. Inoltre, la politica europea di sovvenzione all’agricoltura del tabacco ha iniziato ad essere messa in discussione, portando alla completa abolizione dei sussidi a livello UE il 1° gennaio 2015.
Dal 2000 al 2014, il numero di coltivatori di tabacco in Italia è diminuito del 90%, passando da circa 30.000 a circa 3.000. La logica liberista dell’industria del tabacco, basata sui principi della libertà economica per l’industria e della libertà di scelta per gli individui, sembrava incapace di contrastare il fatto che un prodotto che uccide la metà dei suoi consumatori è inaccettabile.
L’Italia è diventata meno dipendente dalla produzione di tabacco, orientando il suo controllo verso obiettivi di salute. Questa opposizione ha portato a una sostanziale riduzione della prevalenza del fumo del 25%, passando dal 28% nel 2003 al 21% nel 2013. Di conseguenza, le vendite legali ufficiali di prodotti del tabacco hanno mostrato un calo del 27% in un decennio, passando da 102 mila tonnellate vendute nel 2003 a 74 mila tonnellate nel 2014. Tuttavia, la successiva regolamentazione del tabacco non è andata avanti in modo liscio come previsto.
Incrinature nell’Opinione Pubblica e negli Atteggiamenti Politici
Intorno al 2010, è nata l’industria globale delle sigarette elettroniche e in Italia, nel decennio successivo, molti imprenditori hanno visto un potenziale mercato. Nel corso degli anni, sono emerse dozzine di aziende italiane, che hanno utilizzato intensamente Internet e i social media per commercializzare un prodotto in grado di sostituire le sigarette combustibili. I politici italiani erano incerti sulla loro posizione, il che ha portato a varie misure che andavano dall’equiparazione delle sigarette elettroniche a quelle combustibili alla revoca temporanea del divieto di pubblicità (poi ripristinato in conformità con le normative europee) e all’offerta di incentivi fiscali per le sigarette elettroniche.
La situazione è diventata presto più complessa perché l’Italia, insieme al Giappone, è stata scelta da Philip Morris International come Paese pilota per sviluppare i prodotti a tabacco riscaldato (HTP) e la sperimentazione di marketing. Nel 2014 è stato completato uno stabilimento all’avanguardia a Bologna, promosso come una meraviglia tecnologica. Questa iniziativa industriale ha ricevuto il sostegno del governo e l’attenzione personale del Presidente del Consiglio Renzi, che ha partecipato alla sua posa della prima pietra e all’inaugurazione. Questo supporto si è rivelato essenziale quando, nel dicembre 2014, gli HTP hanno ottenuto le necessarie approvazioni per l’ingresso sul mercato nel giro di poche ore.
Dopo un periodo di esitazione, anche BAT ha lanciato il suo HTP e ha seguito le orme del suo concorrente, facendo anche un significativo investimento nell’area di Trieste per produrre sigarette elettroniche VUSE e bustine di nicotina VELO. Anche in questo caso, l’iniziativa ha ricevuto il sostegno del governo nazionale.
Il nuovo volto e la campagna dell’industria del tabacco in Italia
Nel secondo decennio degli anni 2000, l’industria del tabacco ha presentato un’immagine nuova e rassicurante, affermando: “Vogliamo un mondo senza fumo! Proponiamo di sostituire i prodotti del tabacco combustibili con quelli non combustibili: sigarette elettroniche, prodotti a tabacco riscaldato (HTP), buste di nicotina”. La battaglia contro il fumo condotta fino ad allora era stata un fallimento e solo l’innovazione tecnologica avrebbe portato a un mondo senza fumo, senza la necessità di una lotta inutile e dolorosa contro la dipendenza da nicotina. In linea con questo quadro ideologico, l’industria del tabacco ha lanciato una campagna su vasta scala, finanziata da ingenti investimenti economici, per ottenere il sostegno del mondo politico, del settore sanitario e dell’opinione pubblica, posizionandosi come un campione dell’innovazione tecnologica e un motore della crescita dell’industria nazionale.
Come l’industria del tabacco ha riguadagnato influenza sulla politica nazionale
I punti principali di questa campagna sono stati i seguenti:
- Investimenti industriali, come la fabbrica IQOS di Philip Morris International vicino a Bologna; la nuova fabbrica di British American Tobacco a Trieste, sostenuta dai Ministri dello Sviluppo Economico e con la partecipazione di Presidenti del Consiglio preoccupati per le loro ripercussioni occupazionali, fattore che li ha resi aperti all’appeasement con le potenti multinazionali del tabacco.
- Incentivi fiscali per sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato (HTP), con l’approvazione del Ministero delle Finanze e del Parlamento.
- Sostegno alla coltivazione del tabacco con accordi con le organizzazioni agricole per l’acquisto di tabacco italiano, avallati dal Ministero delle Politiche Agricole.
Iniziative per diventare partner nella ricerca sanitaria e nel settore sanitario
- Istituzione di un centro di ricerca legato alle università, interamente dedicato alle strategie di riduzione del danno, generosamente finanziato da Philip Morris.
- Sponsorizzazione di congressi medici specialistici (contrastati dal Ministero della Salute), tentativi falliti di raggiungere accordi con gli Assessorati alla Sanità delle Regioni.
- Formazione di gruppi di sostegno alla riduzione del danno e reclutamento di professionisti medici.
- Copertura favorevole in importanti riviste del settore sanitario (ad esempio, il gruppo editoriale Popular Science che pubblica l’importante rivista online Quotidiano Sanità).
Iniziative per stabilire una nuova immagine nel mondo economico
- Philip Morris è sponsor del Forum di Cernobbio, un incontro annuale a cui partecipano politici e imprenditori di altissimo livello.
- Partnership con istituti di ricerca in ambito economico e industriale. Ad esempio, Philip Morris ha una vasta collaborazione con Ambrosetti European House.
Iniziative rivolte all’opinione pubblica e ai consumatori
- Nuova rete di distribuzione per IQOS, eleganti negozi nelle principali stazioni ferroviarie e aeroporti, rivolti ai giovani adulti; successivamente sono stati integrati con la tradizionale rete di tabaccai autorizzati.
- Iniziative sociali come contributi economici alla Croce Rossa Italiana o la donazione di respiratori ad alcuni ospedali durante l’epidemia di Covid 19.
- Sponsorizzazioni: Formula 1 Ferrari (PMI) (contrastata dal Ministero della Salute), concerti e altre iniziative artistiche (BAT).
- Articoli sui principali quotidiani nazionali che promuovono l’industria come un settore che persegue la parità di genere.
- Promozione del benessere, della sicurezza, della salute e della parità di retribuzione sul posto di lavoro in azienda.
- Campagne di sensibilizzazione dei fumatori sui danni causati dal gettare i mozziconi di sigaretta, in collaborazione con i comuni italiani, con l’autorizzazione del Ministero dell’Ambiente.
Interferenza o Collaborazione?
L’Italia ha ratificato la Convenzione Quadro sul Controllo del Tabacco dell’OMS nel 2008. Questo trattato, nel suo articolo 5.3, raccomanda alle Parti di interagire con l’industria del tabacco solo al fine di consentire loro di regolamentare efficacemente i prodotti del tabacco.
Negli ultimi anni, in Italia è mancato un approccio intersettoriale al controllo del tabacco. Ogni settore del Governo ha perseguito obiettivi settoriali, come la promozione dell’occupazione e la garanzia delle entrate fiscali (Ministeri Economici) o il sostegno alla coltivazione del tabacco italiano (Politiche Agricole).
Mentre il Ministero della Salute ha sostenuto il principio che “la riduzione del danno non è una politica di salute pubblica applicabile in Italia”, gli altri Ministeri si muovono in direzione contraria, arrivando a considerare l’industria del tabacco come un partner positivo per lo sviluppo. Anche se i responsabili politici non hanno ufficialmente dichiarato un’inversione di rotta del controllo del tabacco in Italia, sono i fatti, cioè le politiche normative e fiscali e le posizioni assunte dal paese in sede Europea e di Convenzione sul Controllo del Tabacco, che testimoniano l’inversione di rotta. In una situazione del genere, sembra che quella che la Convenzione Quadro sul Controllo del Tabacco considera un’interferenza sia vista dai leader italiani come una cooperazione per lo sviluppo.
Fonte
Italy – Tobacco Industry Interference Index 2023
Scarica il Global Tobacco Interference Index 2023 Vedi anche i Punti salienti del Report