In che modo la ricerca collegata all’industria trova la sua strada nelle riviste scientifiche, spesso nascondendo il conflitto di interesse

Secondo una nuova ricerca dell’Università di Bath, pubblicata sull’autorevole rivista Tobacco Control, la Foundation for a Smoke-Free World (la Fondazione), l’ultima nata tra le organizzazioni scientifiche finanziata con i soldi dell’industria del tabacco, tiene nascosto tale collegamento così che i processi di pubblicazione scientifica non riescono a tenerne conto. Ciò avviene, nonostante la storia mostri in modo inequivocabile che l’industria del tabacco utilizza terze parti apparentemente indipendenti, proprio come questa Fondazione, per imbrigliare la ricerca.
Terze parti
Negli anni ’50, per seminare il dubbio attorno ai risultati degli studi che dimostravano che il fumo provoca il cancro del polmone l’industria del tabacco costruì e finanziò istituzioni scientifiche ad essa collegata, come il Tobacco Institute. Negli anni ’70 e ’80, per nascondere i danni del fumo passivo, includendoli nel concetto più generale dell’inquinamento dell’area indoor, finanziò il Center for Indoor Air Research.
Nel 1998, la giustizia USA ritenne l’industria del tabacco colpevole di aver cospirato per ingannare il pubblico relativamente ai danni per la salute del fumo. Era stato scoperto che le organizzazioni di ricerca, finanziate da Big Tobacco, erano fondamentali in questa cospirazione. Tre di queste organizzazioni furono chiuse e all’industria fu impedito di ricrearne di simili.

Tuttavia, la Philip Morris International (PMI), costituita nel 2007 con sede a Losanna, non era tra le compagnie del tabacco condannate in quella causa, e quindi è oggi in grado di riprendere la stessa strategia impiegata nel secolo scorso per asservire la ricerca scientifica al marketing del tabacco. Nel 2017, subito dopo aver lanciato IQOS, il suo prodotto a base di tabacco riscaldato, Philip Morris ha istituito la Fondazione cui, inizialmente, prevedeva di donare quasi 1 miliardo di dollari, in dodici anni.
Policy delle riviste scientifiche
Per garantire la qualità e l’integrità, le riviste scientifiche fanno affidamento sul processo di “peer review” (revisione tra pari) per selezionare gli articoli, sulla dichiarazione di conflitti di interesse potenziali. Inoltre, molte riviste accademiche, consapevoli dell’uso ingannevole della scienza da parte dell’industria del tabacco, dichiarano di non pubblicare ricerche finanziate direttamente o indirettamente da Big Tobacco. Ma, i ricercatori dell’Università di Bath hanno scoperto diversi casi in cui i legami con l’industria del tabacco vengono sottaciuti da ricercatori finanziati dalla Fondazione.
Conflitti di interesse e giochi di prestigio
Dalla ricostruzione del processo editoriale di tre pubblicazioni di autori coinvolti con la Fondazione, emerge che la Fondazione stessa e i suoi beneficiari non si comportano in modo trasparente.
In alcuni casi si omette di dichiarare che la fonte dei finanziamenti è l’industria del tabacco oppure si nascondono i legami tra la Fondazione e l’industra del tabacco.
E’ anche possibile che un lavoro rifiutato da una rivista con una solida policy sul conflitto di interesse venga “girato” a una rivista con standard meno rigidi.
Può intervenire una agenzia di Pubbliche Reazioni, ingaggiata dall’industria, per negoziare con una rivista, un numero speciale affidato a un editor della Fondazione.
Tre casi analizzati in profondità
Un caso è quello dell’International Journal of Environmental Research and Public Health, una rivista molto accreditata che nella sua policy del Novembre 2018 ha dichiarato di NON prendere in considerazione per la pubblicazione manoscritti su ricerche finanziate dall’industria del tabacco nè quelli di autori che prendono soldi dall’industria del tabacco. La stessa rivista però nell’Ottobre 2019 ha annunciato un numero speciale a cura del Presidente della Fondazione per un mondo libero dal fumo Derek Yach. Dopo aver appreso che la Fondazione è finanziata da un’industria del tabacco, la rivista ha deciso di non procedere con la pubblicazione del numero speciale.
Il numero speciale è stato pubblicato poi su un’altra rivista, “Drugs and Alcohol Today”, priva di una solida policy sul conflitto di interesse. Gli articoli sostengono che la Convenzione quadro sul controllo del tabacco non riesce a raggiungere i suoi obiettivi e che, invece, i governi dovrebbero collaborare con l’industria del tabacco, per ridurre il fumo. Gli autori degli articoli del numero speciale hanno sostenuto che le loro ricerche, finanziate dalla Fondazione, erano privi di conflitti di interesse.
Un altro caso chiama in causa un gruppo italiano: il Center of Excellence for the Acceleration of Harm Reduction (CoEHAR) dell’Università di Catania ha tra i suoi finanziatori la Fondazione. In questo caso, gli autori non avrebbero dichiarato il loro conflitto di interesse, così come avrebbe fatto il fondatore del Centro Prof. R. Polosa in altri casi che vengono minuziosamente ricostruiti.
Che cosa si può fare per proteggere l’integrità della ricerca e delle pubblicazioni scientifiche dall’interferenza dell’industria del tabacco
Finora non ci sono prove indipendenti che i prodotti a tabacco riscaldato siano più sicuri delle sigarette, e la ricerca su tali prodotti è gestita o finanziata solo o soprattutto dalla Industria del tabacco. Ci si può fidare? La storia dell’industria che cercò di nascondere i danni delle sigarette seminando il dubbio sulle ricerche che mostravano che il fumo provoca il cancro, deve indurre i governanti alla prudenza.
E’ necessario che la ricerca indipendente sui prodotti a tabacco riscaldato sia finanziata da contributi dell’industria imposti per legge e supervisionati da un ente governativo.
Fonte
Legg T, Legendre B, Gilmore AB. Paying lip service to publication ethics: scientific publishing practices and the Foundation for a Smoke-Free World.
Tob Control 2021;0:1–8. doi:10.1136/tobaccocontrol-2020-056003