Se lo sono chiesto due ricercatrici dell’Università Bocconi: Valentina Mele e Amelia Compagni che hanno studiato il processo legislativo e quelli applicativi del divieto di fumo in ambienti pubblici

Perché l’esigenza della legge restò prioritaria per il Governo anche quando la sua guida passò dal Centro Sinistra a Berlusconi?

In Europa, l’Italia era la prima nazione a decidere una politica di divieto del fumo nei luoghi pubblici, per cui la spiegazione non può essere ricercata nella imitazione di politiche antifumo di altri paesi. Secondo le autrici, contarono tre fattori:

  • diffusione del discorso: l’OMS e altre organizzazioni internazionali avevano lanciato in tutto il mondo una campagna molto efficace su fumo e prevenzione del cancro, per cui il discorso del divieto era molto presente nella società.
  • l’eccezionale reputazione di Veronesi come miglior specialista del cancro e la sua elevata visibilità pubblica avevano determinato quella che i politologi chiamano certificazione dell’attore. Il ministro Veronesi era stato anche molto efficace con la Commissione europea nel promuovere un’agenda politica sul fumo e la prevenzione del cancro. Le sue esperienze positive nel processo decisionale lo avevano reso un imprenditore politico fiducioso. Dopo una prima, e molto positiva, tornata di consultazioni parlamentari con le varie forze politiche, il Ministro Veronesi vide che c’era l’opportunità di far approvare la legge sul divieto.
  • Dopo che il Parlamento ebbe tradito le attese del Ministro, il subentrante Presidente del Consiglio Berlusconi valutò che sostenitori e detrattori del divieto erano equamente distribuiti tra i partiti politici, consentendo al nuovo ministro Sirchia di riciclare la questione. In particolare, il sostegno del Primo Ministro, il solido consenso dell’opinione pubblica e la determinazione dello stesso Sirchia ad affrontare il problema – evitando gli ostacoli che avevano sfiancato il suo predecessore – lo portarono a riconoscere, nella politica di controllo del tabacco, un’opportunità.
  • Fattibilità politica. Alla fine del 2002, nel corso di un controverso dibattito, Sirchia riuscì a far approvare la proposta di divieto. Il successo non fu dovuto al cambiamento nell’equilibrio politico, né a coalizioni di interessi. Intervistato dalle autrici nel 2007, Sirchia ebbe a dire: Non volevo che la mia proposta dovesse agonizzare in Parlamento, come era successo a Veronesi. La sua legge era stata considerata troppo moralista e persecutoria per i fumatori. Pur sbagliando, i critici avrebbero affermato che era frutto di una visione da “stato etico”. Non volevo che restasse bloccata da infiniti esami e infiniti emendamenti.

Ragioni della approvazione della legge

Il successo della strategia politica di Sirchia è probabilmente il risultato dell’attenta considerazione della fattibilità politica del suo progetto, alla luce degli errori del suo predecessore che aveva presentato una proposta di legge globale. Sirchia invece,

  • Ridusse al minimo la procedura parlamentare. Il divieto fu presentato come un unico articolo incluso in una legge molto più ampia che disciplinava diverse questioni della pubblica amministrazione, e incorporato nella legge finanziaria. Ciò ridusse il tempo e l’attenzione che le Camere e i partiti avrebbero potuto dedicare alla questione.
  • Stralciò alcuni meccanismi di applicazione, tra cui la cruciale definizione delle norme per le sale per fumatori, delegandoli a un tavolo congiunto Stato-Regioni. Questa scelta ridusse il conflitto in Parlamento, e consentì di inserire l’intera politica nel quadro della devoluzione alle Regioni, una delle massime priorità dell’Esecutivo.
  • Fece largo uso di dati da indagini per fornire prove dell’atteggiamento favorevole della popolazione, rafforzando il suo potere negoziale all’interno dell’Esecutivo e, in una fase successiva, con il Parlamento. Inoltre, utilizzò i dati sugli impatti economici dell’adozione del divieto negli Stati di New York e California per contestare le dichiarazioni delle associazioni dei proprietari di ristoranti e bar.
  • Reinquadrò la questione nella cornice della protezione dei non fumatori, mentre in precedenza, Veronesi l’aveva inserita nel quadro ambizioso della lotta al fumo. Ciò limitava l’interferenza della questione delle libertà individuali, nei dibattiti parlamentari e pubblici.

Il successo nella applicazione del divieto di fumo nella pratica

Infine, le autrici analizzano in che modo il governo gestì il periodo tra l’approvazione della legge nel gennaio 2003 e la sua entrata in vigore nel gennaio 2005, una fase “transizione alla pratica” e che esse considerano cruciale per la corretta attuazione del divieto. Durante questa fase:

  • il ministro e il suo staff svolsero si sforzarono di creare meccanismi di coordinamento intra-governativo sostenendo il consenso politico per la decisione.
  • Il gruppo tecnico interregionale per il controllo del tabacco e il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie assicurarono una piattaforma per il coordinamento e il chiarimento delle politiche sul tabacco tra le Regioni e tra Regioni e Ministero della Salute. Questa piattaforma di coordinamento fornì il collegamento con le forze dell’ordine, riducendo le incertezze nella attuazione e funzionò come gruppo di forze impegnate a supporto del cambiamento (constituency for change, di Kelman 2005).
  • Infine, l’uso tattico dei media aumentò la consapevolezza del pubblico relativamente ai diritti dei non fumatori, rafforzando così il potere contrattuale dell’imprenditore politico.

A quali conclusioni giunge la ricerca

Nelle conclusioni le autrici confrontano l’esperienza italiana della approvazione del divieto di fumo con quella degli altri paesi e mostrano che alcune componenti della strategia di Sirchia, tutta tesa alla ricerca della fattibilità politica, possono essere rintracciate nelle esperienze di altri paesi. Sia per quanto riguarda l’inquadramento del divieto come tutela della salute dei non fumatori, sia per il rinvio del dibattito a un contesto decentrato (Conferenza Stato Regoni), per l’uso dei dati da sondaggi. ed anche per la minimizzazione dell’iter parlamentare, pur se con modalità diverse da quella dell’articolo unico adottata da Sirchia.
Più significativamente, ha permesso di scoprire le dinamiche con cui le caratteristiche centrali di una strategia politica sono efficacemente riunite per raggiungere il risultato politico.

Infine, le autrici mettono in risalto l’importanza della fase di “transizione alla pratica“, che copre l’intervallo tra approvazione della legge e la sua attuazione. Questa fase è particolarmente rilevante nei sistemi amministrativi in ​​cui l’approvazione formale è in genere seguita da una fase normativa di attuazione. Durante la “transizione alla pratica” i principi generali della legge vengono tradotti in istruzioni operative. A questo punto, sebbene le incertezze legali siano state dissipate, il processo del ciclo politico ha ancora il potenziale per essere interrotto o annullato. Il fatto che una serie di decisioni per vietare il fumo da luoghi pubblici in Italia e in altri paesi non siano mai state effettivamente applicate conferma chiaramente i rischi connessi alla applicazione. Di conseguenza, oltre alle categorie politiche ben studiate della fase pre-decisionale, un’analisi costruttiva delle dinamiche politiche dovrebbe tener conto di questa fase critica. A un livello più pratico, gli imprenditori politici dovrebbero porre cura nell’individuare e comprendere le sfide associate alla transizione alla pratica, per raggiungere l’obiettivo ultimo di far applicare e rispettare i divieti.

Fonte:
Valentina Mele e Amelia Compagni
. Explaining the unexpected success of the smoking ban in italy: political strategy and transition to practice, 2000–2005. Public Administration Vol. 88, No. 3, 2010 (819–835)